Razze e varietà autoctone

Conservazione delle specie locali


La scomparsa dei semi locali è avvenuta insieme alla scomparsa dei piccoli coltivatori e delle culture alimentari locali; allo stesso modo è scomparso il sapere locale sull'uso delle varietà vegetali spontanee e coltivate nei loro diversi habitat ecologici e culturali
Manifesto sul futuro dei semi, 2006

Nel corso dei secoli, sono state selezionate specie animali e vegetali per essere più produttive e funzionali alle caratteristiche del territorio in cui crescevano.

Le diverse specie animali e vegetali si sono adattate alle specificità ambientali e sono entrate a far parte dei saperi e delle tradizioni locali. Questa diversificazione genetica e ambientale ha portato a forme di paesaggio agrario e di culture eno-gastronomiche differenti da una località all'altra: un patrimonio, tramandato nei secoli, che deve essere tutelato.

Nei decenni passati sono state selezionate cultivar vegetali e razze animali sempre più standardizzate e produttive, che hanno soppiantato moltissime varietà locali. Quest'ultime non sono più utilizzate e per questo sono a rischio di estinzione.

L'impoverimento genetico a cui sono state sottoposte le varietà più diffusamente coltivate le ha sensibilizzate agli attacchi dei patogeni ed agli stress ambientali. È a rischio la perdita di un patrimonio genetico molto importante. Sono circa 7000 le specie vegetali utilizzate dall'uomo per l'alimentazione, ma ne vengono coltivate solo 150, di cui grano, mais, riso e patata rappresentano la gran parte della produzione mondiale (dati FAO).


  • Innanzitutto, si deve prendere coscienza del valore intrinseco legato alla salvaguardia di vecchie varietà, che sono parte del patrimonio culturale delle diverse comunità locali, distinte per abitudini alimentari e tradizioni.

  • Le razze e varietà autoctone hanno, potenzialmente, una miglior adattabilità alle condizioni pedo-climatiche del territorio in cui si sono evolute e per questo richiedono minori input produttivi. È l'occasione per riconvertire l'agricoltura attuale verso forme più compatibili con l'ambiente.

  • La conservazione di un'ampia base genetica autoctona costituisce una riserva per affrontare le problematiche legate all'impoverimento genetico delle specie selezionate.

L'impegno a tutela delle razze e varietà autoctone è da anni promosso sia a livello istituzionale che privato, da associazioni e fondazioni nazionali e internazionali: tra queste ad esempio, l'Associazione Nazionale Civiltà Contadina, per la salvaguardia della biodiversità rurale.

Un altro esempio è la fondazione per la Biodiversità Slow Food onlus, nata con lo scopo, tra gli altri, di conservare e valorizzare piccole produzioni alimentari a rischio di scomparsa e le tradizionali tecniche di lavorazione.

La Commissione internazionale per il futuro dell'alimentazione e dell'agricoltura, nata nel 2003 con il supporto della Regione Toscana, presieduta da Vandana Shiva e costituita da esperti di agricoltura e di alimentazione di fama mondiale, ha pubblicato alcuni manifesti legati a cibo, agricoltura e combiamento climatico, tra questi anche il Manifesto sul futuro dei semi.

Conservazione delle specie locali

In seguito al Piano nazionale sulla biodiversità di interesse agricolo (PNBA), nel 2012, il Comitato Permanente per le Risorse Genetiche in Agricoltura, con il coordinamento scientifico di FAO e INEA, ha pubblicato delle Linee guida Nazionali per la conservazione in-situ, on-farm ed ex-situ, della biodiversità vegetale, animale e microbica di interesse agrario.

"È il primo significativo lavoro nel quale si propongono oltre alle linee operative per la tutela della biodiversità animale e vegetale anche quelle microbiche di interesse alimentare e del suolo" (Rete Rurale Nazionale).

Di seguito alcuni dei principali provvedimenti messi in atto per la conservazione delle specie autoctone locali, anche di interesse agricolo.


Riferimento Descrizione
1992, Conferenza mondiale di Rio de Janeiro Viene elaborata la Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD)
1994, Legge n.124 L'Italia ratifica la Convenzione sulla Diversità Biologica (Rio de Janeiro, 1992)
2001, Conferenza FAO a Roma Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l'alimentazione e l'agricoltura
2004, Legge n. 101 L'Italia ratifica il Trattato sulle risorse fitogenetiche (2001)
2007-2013, PSR (misura 214) Conservazione delle risorse genetiche vegetali e animali per la salvaguardia della biodiversità
2008, PNBA Piano Nazionale sulla Biodiversità di interesse Agricolo approvato dalla Conferenza Stato Regioni
2012, Linee Guida Gazzetta Ufficiale n. 171 - decreto MIPAAF per l'adozione delle Linee guida nazionali per la conservazione in-situ, on-farm ed ex-situ, della biodiversità vegetale, animale e microbica di interesse agrario.
2014-2020, PSR (misura 10) Pagamenti agro-climatico-ambientali - Sottomisura 10.2; Sostegno alla conservazione e all'uso sostenibile delle risorse genetiche in agricoltura
2015, Legge n. 194 Istituito il sistema nazionale di tutela e di valorizzazione della biodiversità di interesse agricolo e alimentare.

Dovrebbe essere chiaro che la diversità genetica e di relazione, all'interno di qualsiasi specie, è necessaria per preservarne l'adattamento e consetirne l'evoluzione negli ambienti naturali modificati dall'uomo (capacità al costruttivismo).

In Toscana

La Toscana si è impegnata (prima in Italia), per la conservazione del germoplasma autoctono già nel 1997 con la Legge Regionale n. 50. In seguito, la Legge Regionale n. 64/04, sulla Tutela e la valorizzazione del patrimonio di razze e varietà locali di interesse agrario, zootecnico e forestale, ha ampliato e meglio definito gli strumenti normativi. È stata creata la Rete Regionale di Conservazione del Germoplasma, allora coordinata da ARSIA (ex Agenzia Regionale Sviluppo e Innovazione nel settore agricolo forestale).

Le Commissioni tecnico-scientifiche hanno individuato e caratterizzato le risorse genetiche autoctone, reperite nel territorio Regionale, iscritte successivamente al Repertorio Regionale Toscano. Le varietà e razze autoctone iscritte al Repertorio sono più di 759, di queste 636 sono a rischio estinzione.

Sono conservate ex-situ (fuori dal luogo di ritrovamento), all'interno di banche del seme o campi-collezione. Possono essere coltivate in-situ (nell'ambiente di origine o nelle aziende agricole locali) dai Coltivatori custodi, tramite specifica convenzione con la Regione. In questo modo è possibile valorizzare i prodotti favorendone anche una l'introduzione all'interno dei mercati locali.