Valutare la consistenza dei fenomeni d'inquinamento non è facile, così come è complicato individuare gli interventi più efficaci per il ripristino delle condizioni ambientali. Di fatto, il primo passo da compiere è scoprire quali sono le specie "bersaglio" e le disfunzioni indotte nell'ecosistema dai contaminanti immessi.
Un indicatore biologico è un organismo vivente oppure una comunità, che in funzione della propria presenza, assenza, distribuzione, rarefazione e condizione biologica, fornisce una serie utile d'informazioni in merito alle alterazioni eco-sistemiche e allo stress ambientale di una specifica area di studio.
In realtà qualsiasi organismo vivente può funzionare da detector ecologico ovvero da sentinella ambientale. In genere, si individua un organismo caratteristico del biotopo oggetto di studio e sensibile al fattore di disturbo ambientale che si vuole esaminare, cioè si cerca di analizzare una specie che reagisca in maniera, più o meno osservabile (visuale o strumentale), agli stress ambientali. Parametri essenziali da considerare sono ovviamente reperibilità e mobilità dell'indicatore, ma non bisogna trascurare gli aspetti legati al ruolo ecologico, alla fisiologia ed il ciclo di vita della specie.
Occorre precisare che la scelta dei bioindicatori si basa sulla specifica "sensibilità" verso gli inquinanti presenti, mentre un bioaccumulatore deve possedere un'elevata resistenza ai contaminanti, per garantire un'analisi quantitativa dell'inquinamento.
Ad esempio, specie indicatrici della qualità dell'aria sono i licheni (oranismi simbionti), buoni indicatori perchè sensibili agli inquinanti dell'aria (ossidi di azoto, di zolfo, e indirettamente per l'ozono troposferico ed altri inquinanti secondari), e che inoltre, sono riconosciuti come eccellenti bioaccumulatori di metalli pesanti (piombo, mercurio, radionuclidi).
Si tratta di una simbiosi, dove un fungo (organismo chemio-sintetico) fornisce ad un alga un substrato di crescita, contenente acqua e sali minerali. L'alga (o un cianobatterio) tramite la fotosintesi, mette a disposizione del fungo carboidrati e composti organici, necessari alla sua sopravvivenza.
I licheni in termini di bio-rilevamento, offrono notevoli vantaggi economici e gestionali rispetto ai classici sistemi di misura strumentale. Non disponendo di apparato radicale, possono crescere anche su un substrato privo di suolo (licheni epifiti, sassicoli).
Altri esempi di comuni bioindicatori usati in ecologia sono: protozoi, nematodi, pulce d'acqua (sensibile a solventi), delfini e pesci al vertice della rete trofica (bioaccomulatori di contaminanti), insetti detritivori, lombrichi, tabacco e tulipani (sensibili all'ozono), mentre per valutare la salubrità e la qualità dei corpi idrici, si studia la presenza oppure la densità di alcuni macroinvertebrati acquatici e delle diatomee.
In agricoltura, gli indicatori biologici possono servire da bio-monitor per valutare le condizioni ambientali dell'agrosistema. Come bioindicatori vengono scelti differenti specie di vegetali e animali (Anellidi, Arthropodi, Dermatteri, Lampiridi, Stafilinidi, Carabidi, Api).
La scelta delle api è particolarmente funzionale per individuare siti contaminati, sappiamo infatti che il fenomeno della scomparsa delle api in alcune zone agricole è indice di un utilizzo eccessivo di pesticidi, ai quali le api sono particolarmente sensibili.
Le Api, per le loro caratteristiche morfologiche ed etologiche e per il ruolo ecologico svolto, sono spesso impiegate come bioindicatori per la misura degli impatti ambientali causati da antiparassitari in campagna oppure piombo ed altri metalli pesanti in area urbana. Alcune caratteristiche che le rendono degli eccellenti bio-monitor sono:
Gli effetti dei contaminanti, che si ripercuotono nei livelli di organizzazione di un sistema, sono il risultato di una serie di meccanismi a catena, solitamente indotti dalle alterazioni biomolecolari degli organi dei singoli individui.
Nell'ambito del monitoraggio ambientale, i biomarker rappresentano il primo livello di organizzazione biologica su cui agiscono le molecole inquinanti e pertanto permettono di rilevare eventuali effetti dei contaminanti, siano essi singoli composti o miscele complesse, o di un'altra fonte di stress in una fase precoce di disturbo, prima che si manifesti un danno ai livelli ecologici più elevati (es. popolazione, comunità, ..).
ISPRA, Laboratorio di Biomarker
Attualmente, la misura dell'alterazione dei parametri biologici di un individuo, non è solo un indicatore dello stato di benessere dell'organismo, ma rappresenta anche uno strumento diagnostico per l'intero ecosistema coinvolto.
Un'alterazione biochimica, fisiologica, cellulare o comportamentale osservabile in un organismo oppure in una comunità, se associata all'esposizione di contaminanti, è un biomarker.
Utilizzando i biomarker è possibile avere delle risposte immediate sullo stato di salubrità di una popolazione, e fornire previsioni a lungo termine sulle conseguenze prodotte, da una, o più forme di inquinamento. Il vantaggio nell'uso dei biomarker consiste nel poter individuare gli effetti indotti da una contaminazione ambientale, attraverso una serie di valutazioni integrate.
Il risultato ottenuto non è specifico per un solo composto, ma valuta l'intera miscela di sostanze presenti nel sistema. Sono così assommabili in un unico indice, tutti gli effetti sinergici prodotti dall'introduzione di elementi chimici nei comparti ambientali dell'ecosistema.